Considerazioni sul tema “Vivere a Reggio Calabria”

Durante la quotidiana lettura degli organi di informazione, siano essi giornalisti professionisti o blogger, mi sono imbattuto in due interessanti punti di vista, nei quali si trovano dei punti di raccordo interessanti.

Da un lato c’è la lettera di Nino Mallamci pubblicata da strill*, dall’altra le considerazioni di Salvatore Salvaguardia pubblicate da liberareggio.

Sintetizzando i due punti di vista, si evince una comune oggettività nel leggere la realtà lavorativa di reggio calabria e soprattutto quel filo di speranza che attanaglia tutti noi reggini, sia quelli che la vivono questa maledetta quotidianità, sia quelli che per scelta se ne sono allontanati.

Sono uno di quelli che per scelta ha fatto i bagagli e a 18 anni ha lasciato la propria città, i propri amici e soprattutto i propri familiari per andare a studiare fuori [Bologna], nella speranza di avere un futuro migliore di quello riservato a chi resta. Con questo non voglio dire che ho abbandonato la mia terra o che io non la ami. Voglio dire e affermare, con forza, che sono fortemente convinto del fatto che sarà anche grazie a noi fuori sede che la città troverà un giorno quella svolta che la farà risorgere da quella coltre di ceneri nella quale sta morendo. Questo discorso vale sia per noi reggini, che per tutti quei calabresi che sono stati costretti, per un motivo o per un altro, a lasciare la propria terra.

Ciò di cui incolpo maggiormente chi resta, è la poca apertura verso chi se n’è andato. Invece di avere un atteggiamento costruttivo, non appena si sente parlare delle ragioni per le quali ce ne siamo dovuti andare ci tacciano dicendo che siamo “i tipici reggini che una volta andati via, non sanno fare altro che sparare merda sulla propria città“.

Niente di più falso, quantomeno nella maggior parte dei casi che ho riscontrato.

Non credo, al contrario di Nino Mallamaci e Salvatore Salvaguardia che la questione sia da ricercarsi nell’accostarsi a questo o quel politico nella speranza di avere un posto fisso. O comunque non solo in esso. E’ un discorso troppo poco reggio-centrico per vederlo come IL male della nostra amata terra. Certo la politica rientra in questo discorso per tutta una serie di ragioni, però non dobbiamo sottovalutare il nostro contesto culturale.

In Calabria esistono tutta una serie di realtà commerciale ed imprenditoriali che sanno distinguersi e che fanno dell’eccellenza dei loro servizi [dai quali la ndrangheta è estranea] un nostro vanto (giustamente, aggiungerei). E’ da queste possibilità che dobbiamo ripartire e non,invece, soffermarci a pensare che tanto c’è l’amico che ci aiuta per l’esame o per trovare un posto di lavoro.

*: voglio precisare che la lettera di Nino Mallamaci è scritta in risposta ad una di tale Ciccio Spanò, nella quale l’autore porterebbe delle critiche alla scarsa affluenza alla presentazione del testo “L’isola felice”. Purtroppo, a causa della scarsa accuratezza tecnica del sito strill.it non mi è stato possibile reperire tali considerazioni. Chiunque fosse a conoscenza del link in questione, farebbe una grande cortesia al sottoscritto se lo segnalasse.

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